Le scelte alimentari altro non sono che un modo per appropriarsi di senso, una sorta di travestimento, una posa, un atteggiamento, un comportamento che dal cibo guarda altrove. Le diete dicono molto di noi, rimarcano una scelta, un limite, una norma di condotta, sia che siano codificate come precetti religiosi e filosofici da interi popoli, che elaborate dal singolo per motivi ecologisti o salutisti. A questo dovremmo aggiungere il vetrinismo intrinseco della nostra società di argonauti della rete, dove si instaurano logiche di emulazione e di status sociale e dove il cibo da sempre ha assunto una dimensione centrale nella storia della civiltà delle donne e degli uomini.
Il cibo e il cerimoniale che lo accompagna spesso sono uno strumento di condivisione molto persuasivo, dalle feste religiose agli eventi pagani, demarca il rango dellз partecipanti e impone dei codici di comportamento (dal galateo agli utensili vari, dal gourmet allo streetfood), è un fedele alleato per suggellare la diplomazia (le cene, le colazioni e i pranzi di Stato) e in qualche modo dà un’immagine di noi sia come individui (scelte etiche, diete salutiste, iperproteiche, macrobiotiche etc.) che come identità culturale (cucina italiana, cinese, svedese ecc.).
Lo stop della Finlandia alla carne per gli eventi di Stato ad Helsinki, emesso nel 2021 per ridurre le emissioni dei gas serra si muove nella direzione di dare il buon esempio a partire dalla classe politica, sottolinea la responsabile alla comunicazione del governo, Liisa Kivela. Questa significativa iniziativa si allinea all’ottica che le scelte alimentari anticipano, e descrivono la nostra condotta sociale e comportamentale e il modo in cui vogliamo che gli altri ci guardino. Il divieto della Finlandia di servire carne agli eventi governativi non è solamente una questione di marketing ma una scelta che mira a dare una direzione (un uso più consapevole delle risorse), a creare un orizzonte di conversazione (la crisi climatica) e quindi una strategia strettamente politica sia in termini di consensi/dissensi che di impatto sociale.
Noi siamo quello che mangiamo ha scritto il filosofo Ludwig Feuerbach e ha inoculato il concetto che il cibo introdotto nel nostro organismo non influenza soltanto il corpo e la materia, ma si spinge anche su processi energetici e nella dimensione psicologica e spirituale delle nostre identità.
Nel romanzo la Vegetarina di Han Kang, pubblicato da Adelphi nel 2016 con la traduzione di Milena Zemira Ciccimarra, si costruisce la struttura narrativa attorno alla scelta di cambiare regime alimentare. Il testo ha poco a che fare con il vegetarianesimo di per sé rispetto invece alle ragioni spesso oscure e indecifrabili che guidano la protagonista, Yeong-hye, nella sua ossessione al controllo che la porterà da vegetariana, a vegana, fino a digiunante e, nella parte finale, completamente dominata da un delirio in cui si crede addirittura un vegetale, rifiuta la comunicazione verbale degli esseri umani per nutrirsi unicamente di luce e acqua. Interessante è la minuziosa descrizione della società coreana che considera disdicevole se non incomprensibile assimilare altre diete contrarie a quella onnivora. Durante una cena di lavoro il marito di Yeong-Hye cerca di fugare l’imbarazzo dellз commensali e di stemperare l’avversione nei confronti delle scelte alimentari della moglie adducendo a serie ragioni mediche e prescrizioni alimentari con propositi curativi. Il punto centrale è il sospetto, il malinteso, l’approssimazione con cui si giudica la dieta della protagonista descritta sempre da angoli visuali esterni e parziali. La verità resta ignota al lettore e una scelta apparentemente banale come il cambio di abitudini alimentari assume le caratteristiche identitarie di acquisizione di senso totalizzante. Il cibo in questo romanzo è una metafora del possibile che oscilla tra il concetto di normalità e quello di difformità in un percorso più che alimentare quasi ontologico.
Spesso per sostenere una dieta vegetariana o vegana si ricorre allo stratagemma del salutismo, scientificamente provato, ma indica una debolezza sostanziale della scelta di per sé come se si avesse per forza bisogno di una conclamata documentazione reportistica per poter essere liberi dal giudizio e poter differire dalla norma onnivora.
In realtà questo dipende dal valore qualificante che il cibo ha nelle culture umane, e la dieta in senso di abitudine alimentare e performativa ne ha plasmato non solo il modus operandi ma anche le identità stesse nel rituale della condivisione. Una scelta alimentare implica il confronto o la messa in discussione con gruppi di individui (carnivori, onnivori, vegani, etc), una pratica di scambio (ricettari, consigli, blogs) e un orizzonte possibile di condivisione e quindi di relazione (inviti a cena, pausa caffè, banchetti nuziali e simili).
L’origine del vegetarianesimo risale al VI secolo a.C. e alle pratiche di carattere religioso legate all’Induismo, allo Zoroastrismo e ad altri movimenti religiosi o spirituali.
Dall’Oriente questi precetti comportamentali trovano un terreno fertilissimo nelle filosofie greche da Pitagora a Empedocle a Plutarco.
Seneca aveva seguito una dieta vegetariana da giovane, ma sceglie un regime onnivoro per agevolare la sua carriera pubblica poiché l’imperatore Tiberio considerava avversari politici tutti coloro che sostenevano usi e costumi delle culture orientali.
Cartesio sosteneva lo specismo e la superiorità degli umani e considerava gli animali delle semplici macchine incapaci di provare sentimenti e quindi promuoveva la macellazione per usi alimentari e la vivisezione per la ricerca scientifica. La dieta di Cartesio era vegetariana non per motivi etici ma per un tornaconto salutista.
In epoca moderna, in Inghilterra nasce la Vegetarian Society nel 1847 a Ramsgate e il dibattito sulle scelte alimentari si diffonde nella cultura europea attraverso riviste di settore.
Una questione controversa è l’atteggiamento nazista nei confronti del vegetarianesimo, se da un lato i gerarchi nazisti si rifacevano all’idealismo e a una filosofia panteistica e indogermanica che esaltava la natura, di fatto nel 1933 perseguitarono i vegetariani, una minoranza esigua in una nazione, la Germania, prevalentemente carnivora. La dieta personale di Hitler a cui numerosз biografз attribuiscono la scelta vegetariana potrebbe essere il risultato della propaganda nazista e dell’abile intelaiatura ideologica creata da Goebbels.
Solo verso la fine del Novecento si teorizza una solida questione filosofica dell’etica vegetariana legate all’antispecismo e alla non violenza con la figura di Gary L. Francione.
La prima volta che compare uno studio di reportistica che abbina le scelte alimentari vegetariane e le conseguenze positive sulla crisi climatica è nel 2006 con il Livestock’s Long Shadow della FAO.
Rasmus Simonsen nel 2014 con il Manifesto Queer Vegan sottolinea l’azione politica della scelta alimentare paragonandola ai movimenti di lotta dei diritti civili queer. In questo testo il rifiuto di consumare carne e prodotti di derivazione animale è indirizzato alla polis capitalistica ed eteronormativa, lo scopo del veganismo è quello di demolire le strutture ideologiche e materiali che, nella società attuale, legittimano il consumo di carne e lo specismo (dallo spazio fisico del mattatoio alla mentalità che sostiene le zootecniche e l’equilibrio onnivoro).
Di consapevolezza alimentare e sostenibilità se ne scrive tanto negli ultimi anni e su tutte le piattaforme mediatiche, si condividono scelte di vita e consigli culinari, la saggistica spazia e illumina i coni d’ombra del pensiero dominante, ma sembrerebbe ancora abbastanza comune la diffidenza e la ritrosia verso i comportamenti altri che minano o semplicemente mettono in discussione la norma. Il cambiamento è sempre difficoltoso e le idee conservative (su nazione, famiglia, amore, alimentazione) ci sembrano spesso falsamente rassicuranti e immutabili.
Consigli di letture:
Kang, Han (2019 [2016]). La vegetariana. Milano: Adelphi.
Mannucci, Erica (2008). A cena con Pitagora. Storia del vegetarianesimo dall’antica Grecia a internet. Roma: Carocci.
Simonsen, Rasmus (2014 [2012]). Manifesto Queer vegano. Roma: Ortica Editrice.
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