Il 25 Settembre 2021 ha avuto luogo la terza edizione italiana di Stand Up for Nuclear, una manifestazione internazionale nata per promuovere presso l’opinione pubblica i benefici dell’energia nucleare in tutti i suoi impieghi civili. Ma l’energia nucleare è davvero così benefica?
Partiamo con il definire che cosa si intende con “energia nucleare”: si tratta di una fonte di energia primaria, cioè deriva da modifiche di struttura della materia stessa, prodotta tramite reazioni nucleari. La reazione nucleare impiegata per produrre energia nucleare è la fissione nucleare, che consiste appunto nello spezzare il nucleo di un atomo con un numero atomico alto (solitamente l’uranio o il plutonio), producendo così nuclei più piccoli e molta energia.
La Commissione Europea l’ha indicata come energia non rinnovabile per via delle scorie nucleari prodotte durante il procedimento. Malgrado ciò, viene da sempre presa in considerazione come sostitutiva dei combustibili fossili. Effettivamente, l’energia nucleare produce elettricità a basse emissioni di carbonio, classificandosi come la seconda fonte di elettricità a basse emissioni di carbonio: negli ultimi 50 anni, l’uso dell’energia nucleare ha ridotto le emissioni di CO2 di oltre 60 gigatonnellate, circa due anni di emissioni globali nell’ambito energetico, potendosi quindi considerare sotto questo punto di vista un’energia pulita.
L’indipendenza dai combustibili fossili conviene anche da un punto di vista economico-politico: i paesi che fanno uso di energia nucleare non solo risentiranno meno degli shock che avvengono sul mercato di petrolio, gas e carbone, ma bisogna tener presente che i paesi produttori di energie fossili hanno (nella maggior parte dei casi) governi instabili, convenendo quindi rendersi indipendente dalle instabilità che ne conseguono anche sul mercato delle fonti fossili.
Infine, i combustibili fossili sono in via di esaurimento, di conseguenza trovare fin da ora energie che man mano le vadano a rimpiazzare è un investimento per il futuro non indifferente.
A questo punto la domanda sorge spontanea: perché non rimpiazzare i combustibili fossili con le energie rinnovabili, pulite al 100% e che non danno problemi come quello delle scorie nucleari? L’energia nucleare sarà fondamentale nella transizione fra energie non rinnovabili ed energie rinnovabili: queste ultime rimarranno per molto tempo energie all’avanguardia. Le centrali nucleari, poi, contribuiscono alla sicurezza dell’elettricità in diversi modi, ad esempio aiutando a mantenere stabili le reti elettriche; in una certa misura, possono adeguare le loro operazioni per seguire i cambiamenti della domanda e dell’offerta, e con l’aumento della quota di energie rinnovabili variabili come l’eolico e il solare fotovoltaico (PV), aumenterà la necessità di tali servizi. Gli impianti nucleari possono aiutare a limitare gli impatti delle fluttuazioni stagionali nella produzione di energie rinnovabili e rafforzare la sicurezza energetica riducendo la dipendenza dai combustibili importati. Raggiungere la transizione verso l’energia pulita con meno energia nucleare è possibile, ma richiederebbe uno sforzo straordinario. I responsabili politici e le autorità di regolamentazione dovrebbero trovare il modo di creare le condizioni per stimolare gli investimenti necessari in altre tecnologie energetiche pulite. L’eolico e il solare fotovoltaico sarebbero le principali fonti chiamate a sostituire il nucleare e il loro ritmo di crescita dovrebbe accelerare a un ritmo senza precedenti.
Nei prossimi 20 anni, sarebbe necessario costruire energia eolica e solare pari a cinque volte la capacità totale installata negli ultimi 20 anni a livello globale, con un costo considerevolmente più alto di quello che si sosterrebbe, a parità di energia richiesta, sia nel potenziare i parchi nucleari già esistenti che nel costruirne di nuovi. Affinché l’eolico e il solare fotovoltaico raggiungano tale crescita, dovrebbero essere superati vari ostacoli non di mercato, come l’accettazione pubblica e sociale dei progetti stessi e la relativa espansione dell’infrastruttura di rete. Il nucleare, dal canto suo, può contribuire ad alleviare le difficoltà tecniche di integrazione delle rinnovabili e ad abbassare i costi di trasformazione del sistema elettrico.
Puntare tutto su fonti 100% pulite, tuttavia, comporterebbe considerevoli difficoltà tecniche: essendo fonti variabili e scarsamente prevedibili (il vento non soffia sempre, di notte il sole non c’è e a volte il cielo è nuvoloso), andrebbero accompagnate da numerosi sistemi stoccaggio dell’energia e/o tecnologie complementari in grado di sopperire a un eventuale calo della produzione, in maniera rapida e senza produrre CO2. Tecnologie che a oggi esistono, ma non su vasta scala, e che, se disponibili, sarebbero costose da installare e utilizzare, almeno finché progressi tecnologici ed economie di scala contribuiscano a renderle più competitive. Un sistema energetico con un’alta quantità di energia rinnovabile variabile aumenterebbe considerevolmente i costi dell’energia per i singoli cittadini e le industrie.
Il nucleare presenta però un vantaggio considerevole: è in grado di fornire grandi quantità di energia in modo costante (24 ore su 24) e controllabile. Lo stesso possono fare anche le centrali idroelettriche e geotermiche, che però richiedono specifiche caratteristiche territoriali di cui non tutti i paesi dispongono. Nel caso dell’idroelettrico, [è inoltre utile sottolineare che] a oggi nei paesi più sviluppati i siti dal potenziale produttivo ed economico più alto sono stati per la maggior parte già utilizzati.
Dal canto suo, il nucleare non sembra solo molto più costoso, ma presuppone anche un arco temporale molto più lungo delle rinnovabili: la realizzazione di un progetto di centrale nucleare richiede tipicamente intorno ai 10 anni, mentre per le rinnovabili anche meno di un anno.
Le rinnovabili, dunque, se impiegate al posto del nucleare, possono iniziare a risparmiare emissioni parecchi anni prima. Le stime di Lazard, autorevole istituzione finanziaria, indicano un costo medio compreso fra 129 e 198$ al MWh per il nucleare, fra 26 e 54$ al MWh per l’eolico onshore, fra 29 e 42$ per il fotovoltaico a grande scala. A conti fatti, a parità di energia generata nuovi progetti nel nucleare costano almeno quattro volte tanto rispetto a nuovi progetti nelle rinnovabili. Stime simili o anche peggiori per il nucleare sono fornite dalle altre autorità in materia.
Non solo, i costi del nucleare seguono una tendenza all’aumento, mentre quelli delle rinnovabili sono in continuo ribasso: da una parte abbiamo una tecnologia vecchia, dall’altro un settore giovane che promette ulteriori riduzioni di prezzo man mano che sarà installato a larga scala.
Quindi, se da un lato il nucleare potrebbe essere un alleato per la transizione dalle energie fossili a quelle eco-sostenibili, dall’altro comporta costi considerevoli che non conviene sostenere, soprattutto se l’obiettivo è utilizzarlo solo come intermezzo per introdurre le fonti rinnovabili.
A questo punto la questione è se il nucleare sarà mai impiegato in Italia: in passato sono stati fatti due referendum per introdurre l’energia nucleare, entrambi con esito negativo. Entrambi i referendum hanno avuto luogo nel 1987, dopo il disastro di Chernobyl, e nel 2011, dopo il disastro di Fukushima, causati, il primo, da un errore umano (considerando anche che al tempo, nel 1986, nell’ambito del nucleare non si avevano le conoscenze e le competenze che abbiamo invece oggi, ergo un disastro simile si potrebbe verificare con molta improbabilità), il secondo, da uno tsunami che ha colpito la centrale nucleare cagionandone la fusione del nocciolo; ovviamente, la reazione a caldo dopo tali avvenimenti è stata quella di bocciare il nucleare.
La sogin tra il 4 e il 5 gennaio 2021 ha individuato le zone idonee ad ospitare i depositi di scorie nucleari: si tratta di aree molto ampie e che rispettano determinati criteri di selezione, si trovano in provincia di Torino (Rondissone-Mazze-Caluso, Carmagnola), Alessandria (Alessandria-Castelletto Monferrato-Quargnento, Fubine-Quargnento, Alessandria-Oviglio, Bosco Marengo-Frugarolo, Bosco Marengo-Novi Ligure) e Viterbo (due aree a Montalto di Castro, Canino-Montalto di Castro, Corchiano-Vignanello, Corchiano). Ne sono state individuate anche altre in Toscana, Basilicata, Puglia, Sicilia e Sardegna, ma ritenute meno idonee rispetto a quelle sopra citate. Quindi in Italia potenzialmente potremmo costruire centrali nucleari e centri di stoccaggio, limitatamente alle aree ritenute consone a tale compito. Ma, anche se c’è lo spazio per farlo, ci sono altrettante persone che si oppongono. Esemplare è quanto detto in un’intervista al giornale “Repubblica” dal sindaco di Matera Domenico Bennardi, il quale ritiene un deposito nella sua zona «uno sfregio» per diversi motivi. «Ma ve lo immaginate un turista che arriva a Matera e trova una discarica di rifiuti radioattivi? Matera sito Unesco e deposito di scorie nucleari? Tutto questo terrebbe lontano chiunque». Ed effettivamente il Bel Paese, che campa grazie al turismo, certamente non può adottare scelte che allontanino i turisti. Anche il ministro Roberto Speranza, originario di Potenza, ha detto che la Basilicata non sarebbe una zona idonea perché «in zona sismica 2». Il presidente della Sardegna Christian Solinas ha annunciato di voler «mettere in campo ogni forma democratica di mobilitazione istituzionale e popolare per contrastare questa decisione e preservare la nostra terra da questo ennesimo oltraggio». Ci sono state proteste anche in Sicilia, in Toscana e in Piemonte.
Lascia un commento