Se trent’anni fa il tema del riciclo era considerato una questione importante a causa dell’elevata produzione di rifiuti (1.462 milioni di tonnellate di rifiuti industriali più quelli domestici a livello mondiale e solo in Italia 97 milioni di tonnellate), oggi più che mai il tema è al centro del presente e del futuro del nostro pianeta.
All’epoca si era già consapevoli che il riciclo, soprattutto di alcuni materiali come alluminio, Pet, vetro e carta, era l’unica via percorribile per la salvaguardia dell’ambiente. Si cominciava a guardare con preoccupazione crescente ai danni causati dalla diffusione delle microplastiche e alle difficoltà di smaltimento.
Nei primi anni novanta, il mondo era letteralmente sommerso dagli scarti prodotti e questo emerge anche dal confronto tra i dati del periodo, spesso imprecisi a causa della mancanza di strumenti adeguati, e quelli odierni (venivano registrati circa 1,5 milioni di tonnellate di rifiuti industriali nel mondo, mentre oggi sappiamo che nel 2019, solo in Europa, sono stati prodotti circa due miliardi di tonnellate, stando ai dati dell’Epa, Agenzia per la Protezione dell’Ambiente).
L’Italia ha sempre rappresentato un caso particolare nel panorama mondiale, rispetto allo smaltimento dei rifiuti. Il confronto tra il 1993 e oggi mostra una lenta presa di coscienza e un netto miglioramento nel trattamento dei materiali di scarto. Basti pensare che su circa 94 milioni di tonnellate di rifiuti solo il 20% veniva riciclato, mentre l’80% arrivava in discarica.
Nonostante il volume di rifiuti oggi sia raddoppiato, il nostro paese risulta essere il migliore in Europa per capacità di valorizzare i rifiuti secondo Comieco, il Consorzio nazionale per il recupero e il riciclo degli imballaggi.
I dati relativi alla produzione di rifiuti vengono raccolti dall’Ispra, l’Istituto Superiore per la Produzione e la Ricerca Ambientale, che ogni anno raccoglie i moduli Mud, la dichiarazione che enti pubblici e aziende hanno l’obbligo di presentare. In questo modo è possibile avere un quadro dettagliato della produzione e della raccolta in ogni singolo comune.
Nel 1997, con il decreto Ronchi, sono stati introdotti i consorzi obbligatori per la gestione dei rifiuti. A questi, con il tempo, si sono aggiunte associazioni e società che gestiscono la raccolta dei rifiuti speciali e da lì è iniziata una gestione più organizzata.
L’Istat rileva, inoltre, che l’economia dei rifiuti (riciclo, riuso e riparazione) produce l’1,1% del prodotto interno lordo, alimentando investimenti e l’occupazione nel settore. Questo fa dell’Italia la nazione trainante in Europa nella promozione dell’economia circolare, che prevede uno smaltimento sostenibile attraverso il riutilizzo delle materie prime e dell’energia impiegate nel processo di recupero.
L’impegno profuso da istituzioni e aziende per favorire il riciclo ha dato impulso a uno sviluppo tecnologico volto al miglioramento dei processi di trasformazione degli scarti, portando il nostro paese in una posizione d’avanguardia.
Dato che le nuove tecnologie digitali saranno sempre più indispensabili per la valorizzazione dei rifiuti e il loro reinvestimento come fonte di ricchezza, sarà necessario un impegno sempre maggiore in questa direzione.
Lascia un commento