Il 2021 è stato segnato dal protrarsi della pandemia di Covid-19 ma anche dalla ripresa economica e un aumento eccezionale della domanda di energia a livello mondiale. Questo susseguirsi di eventi ha fatto registrare un record nell’aumento dei prezzi e delle emissioni che si è già ripercosso su consumatori, economie e politiche di transizione energetica.
Secondo quanto riportato dall’Organizzazione Meteorologica Mondiale (WMO) e dal Gruppo Intergovernativo sul Cambiamento Climatico (IPCC), gli ultimi sette anni sono stati i più caldi mai registrati a causa delle intense attività umane. Le proiezioni rese note da Copernicus – il programma di osservazione della Terra dell’Unione europea – evidenziano il fatto che il raggiungimento della soglia del 1.5 ˚C, in assenza di un’azione concertata volta a ridurre le emissioni di gas serra, è attualmente previsto tra il 2030 e il 2050. Eventi naturali estremi – ondate di calore, inverni più rigidi rispetto alla media, siccità e inondazioni – sono in costante aumento e rappresentano una vera e propria minaccia alla stabilità e affidabilità delle reti di distribuzione elettrica. Ad esempio, nel luglio dello scorso anno in Germania, 200.000 abitazioni sono rimaste sprovviste di elettricità mentre le inondazioni hanno danneggiato gravemente la rete elettrica nella parte occidentale del paese.
Spinto dal rapido rimbalzo economico e da condizioni meteorologiche più estreme rispetto al 2020, l’aumento del 6% della domanda globale di elettricità dello scorso anno è stato il più elevato in termini percentuali dal 2010, quando il mondo si stava riprendendo dalla crisi finanziaria globale. In termini assoluti, l’aumento di oltre 1500 TWh dello scorso anno è stato il più grande mai registrato da parte dell’Agenzia internazionale dell’energia (IEA), come evidenziato all’interno del nuovo rapporto – Electricity Market Report – pubblicato questo mese.
Il forte aumento della domanda ha inciso sulla fornitura di energia in alcuni dei principali mercati a livello globale e la carenza di gas naturale e carbone ha contribuito alla volatilizzazione dei prezzi, creando una serie di effetti negativi su generatori di energia, rivenditori e utenti finali, in particolare in Cina, Europa e India. Quasi metà della crescita globale nella domanda di elettricità dello scorso anno è avvenuta in Cina, con una crescita di circa il 10%. Inoltre, Cina e India sono state colpite da blackouts nella seconda metà dell’anno a causa della mancanza di carbone.
L’indice dei prezzi per i principali mercati di energia all’ingrosso dell’IEA è quasi raddoppiato rispetto al 2020 ed è aumentato del 64% rispetto alla media 2016-2020. In Europa, i prezzi medi dell’elettricità all’ingrosso nel quarto trimestre del 2021 sono stati quattro volte più alti rispetto alla media registrata tra il 2015 e il 2020.
L’energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili è cresciuta del 6% nel 2021, una percentuale troppo ridotta per poter sostenere una domanda così pressante. La produzione di carbone è cresciuta del 9%, una velocità record dal 2011, costituendo più della metà dell’aumento della domanda e raggiungendo un nuovo picco assoluto anche in conseguenza dell’aumento dei prezzi di gas naturale. La produzione di gas è cresciuta del 2%, mentre il nucleare è aumentato del 3,5%, raggiungendo quasi i livelli del 2019. In totale, le emissioni di anidride carbonica (CO2) legate alla produzione elettrica sono aumentate del 7% dopo essere diminuite nei due anni precedenti.
L’aumento della domanda di carbone è sicuramente in contrasto con l’impegno collettivo verso la fuoriuscita dal carbone assunto durante la Conferenza sul Clima tenutasi a Glasgow a novembre 2021. Durante le due settimane di negoziazione 23 paesi – tra cui Indonesia, Corea del Sud, Polonia, Vietnam e Cile – hanno aderito a nuovi impegni per ridurre l’utilizzo di carbone, impegnandosi a porre fine ai finanziamenti nazionali ed internazionali a nuovi impianti a carbone. Tra l’entrata in vigore dell’accordo di Parigi nel 2016 e il 2021, 21 paesi hanno pianificato strategie per la fuoriuscita graduale dal carbone entro il 2040. Quattro di questi hanno già completato questa fase: Belgio (2016), Austria (2020), Svezia (2020) e Portogallo (2021). Dei 17 paesi rimanenti (che rappresentano però solo il 3% della produzione di energia da carbone nel 2021), 12 provengono dall’Unione Europea, mentre gli altri sono Canada, Cile, Israele, Regno Unito e Nuova Zelanda.
Per il 2022-2024, il rapporto dell’IEA prevede che la domanda di elettricità crescerà in media del 2,7% all’anno, sebbene la pandemia di Covid-19 e i prezzi elevati dell’energia rappresentino un’incertezza. Le energie rinnovabili dovrebbero crescere in media dell’8% all’anno, rappresentando oltre il 90% della crescita della domanda netta durante questo periodo. Secondo le previsioni, le stesse emissioni del settore energetico rimarranno stabili fino al 2024 mettendo quindi a rischio il rispetto degli obiettivi assunti a livello mondiale.
“Le emissioni del settore energetico devono essere ridotte del 55% entro il 2030 per raggiungere l’obiettivo Net Zero Emissions entro il 2050 ma in assenza di un’importante volontà politica da parte dei governi, si stima che tali emissioni rimarranno intorno allo stesso livello per i prossimi tre anni” ha detto il direttore esecutivo dell’IEA, Fatih Birol.
Il cambiamento climatico amplificherà i rischi e le problematiche legate al mercato energetico ed è quindi necessario incrementare la resilienza climatica dei mercati elettrici. Questi nuovi sistemi elettrici oltre ad essere resilienti, supporteranno una transizione verso fonti di energia più sostenibili attraverso la gestione degli impatti negativi del cambiamento climatico sulle energie rinnovabili, promuovendo uno sviluppo sostenibile basato su servizi energetici affidabili, aumentando la sicurezza elettrica e la capacità dei sistemi di far fronte ad eventi atmosferici straordinari e riducendo quindi i rischi associati ai disastri climatici.
Nel giugno 2021 l’IEA ha reso pubblico il suo Climate Resilience Policy Indicator, un indicatore destinato a valutare il livello di resilienza climatica di ciascun paese mettendo a confronto il livello di rischio climatico che deve affrontare con la sua preparazione politica.
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