La celiachia è una delle intolleranze più diffuse nel nostro paese, un esercito silente di persone affette da questa patologia vive quotidianamente i disagi legati alle difficoltà di non riuscire a tollerare il glutine, la principale proteina del grano. Secondo quanto rilevato dal Ministero della Salute nella relazione sulla celiachia, nel 2019 i celiaci diagnosticati hanno raggiunto quota 225.418 con un’incidenza maggiore tra le donne e nella fascia d’età giovanile e adulta (18-59 anni). Si tratta di una patologia in forte crescita, sottodimensionata, e secondo i dati presentati dal Ministero, anche sottodiagnosticata: su 600 mila persone colpite dalla celiachia (circa l’1% della popolazione) 400 mila sarebbero ignare di avere questa malattia.
Riconosciuta come malattia autoimmune dal 2017, la celiachia rientra tra le malattie croniche invalidanti incluse nei LEA (Livelli Essenziali di Assistenza) che prevedono esenzioni per le prestazioni sanitarie successive alla diagnosi. Si presenta come un’infiammazione dell’intestino tenue, provocata dalla presenza del glutine in prodotti di largo consumo come pane, pasta e dolci. Un problema di salute che si ripercuote su tutto l’organismo, configurandosi sempre più come malattia sociale, soprattutto se osservata in contesti come quello lavorativo o scolastico, e considerando le spese da sostenere per l’acquisto di alimenti privi della proteina incriminata. Il soggetto celiaco, infatti, è obbligato a seguire per tutta la vita una dieta priva di glutine, che sia allo stesso tempo equilibrata e gli garantisca il fabbisogno energetico giornaliero necessario.
L’aumento delle diagnosi, soprattutto tra i giovani, ha spinto gli studiosi a interrogarsi sulle cause di questa diffusione. Studi recenti si sono concentrati sulla possibile correlazione tra la crescita del numero di persone affette da celiachia e la presenza di inquinanti negli alimenti, soprattutto per quel che riguarda l’esposizione ai pesticidi.
Secondo una ricerca pubblicata sulla rivista Environmental Research, infatti, dal confronto tra le analisi del sangue di 30 pazienti (tra i 3 e 21 anni) a cui era stata diagnosticata la celiachia e 60 individui della stessa età privi di diagnosi, è emerso che i soggetti con un alto livello di pesticidi avevano maggiori probabilità di ricevere una nuova diagnosi di celiachia rispetto a coloro che presentavano un quantitativo inferiore o assente.
L’influenza dei fattori ambientali sulle popolazioni geneticamente sensibili è ancora poco conosciuta, tuttavia è noto che gli inquinanti organici persistenti possono interferire col sistema endocrino che influisce su quello immunitario e quindi potrebbe contribuire alla celiachia.
Al momento si tratta solo di ipotesi, non si hanno le prove per affermare con assoluta certezza che l’esposizione ai pesticidi possa causare direttamente la celiachia. Resta il fatto che queste sostanze siano capaci di danneggiare sistema endocrino, metabolismo e sistema immunitario.
Per queste ragioni non sembra improbabile che tali composti chimici possano favorire l’insorgere della celiachia.
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