Ogni capo di abbigliamento ha un suo ciclo di vita, che si esaurisce in tempistiche e modalità differenti.
Il tipo di fibra è uno dei fattori che sicuramente influenza la durata dei capi – così come la influenza l’uso – considerando le proprietà che caratterizzano ciascuna fibra, come quelle fisiche, chimiche, elettriche, meccaniche, termiche, solo per citarne alcune. Capire perché le persone decidono di disfarsi dei propri vestiti è importante, perché può aiutare a comprendere altri fattori che incidono sulla durata della vita di un capo. Secondo diverse ricerche il motivo principale risulta essere l’usura e il danneggiamento, seguito da problemi di taglia e vestibilità. Nella popolazione più giovane sono stati riscontrati anche motivi legati alla moda, al gusto e alla noia. Con rilevanza nettamente minore invece questioni legate allo spazio di archiviazione. Sarebbe quindi errato considerare la resistenza fisica del capo stesso – e della fibra in questione – come un elemento slegato da fattori sociali, emotivi ed estetici.
La Nielsen Company, un istituto di ricerche di mercato americano, nel 2012 ha condotto un sondaggio che è stato poi ripreso dalla rivista Sustainability nel 2018 per uno studio sugli impatti ambientali degli indumenti in base al tipo di fibra, dal titolo “Quale dei seguenti (elementi) utilizzeresti per smaltire questo capo di abbigliamento o accessorio quando non lo desideri più?”. È interessante analizzare le risposte dei consumatori campione. Gli indumenti sono stati divisi proprio per contenuto di fibre in 4 gruppi: cotone (e miscele), lana (e miscele), sintetici e seta. I capi in lana sono quelli che risultano avere un riutilizzo maggiore: circa il 50% diviso fra beneficenza, donazioni ad amici o familiari oppure venduti, rispetto ai prodotti in cotone che vengono prediletti per un riciclo casalingo, per esempio usati come stracci (14%). I prodotti sintetici invece avranno maggiori probabilità di essere cestinati, con una percentuale del 39%. Tutti presentano valori molto bassi (oscillanti tra il 2 e il 4%) per quanto riguarda la vendita.
È passato qualche anno dai risultati di questo sondaggio ma le soluzioni per uno smaltimento intelligente degli abiti restano più o meno le stesse. Se vogliamo donare i nostri vestiti usati tante le associazioni o parrocchie che si occupano della raccolta e della redistribuzione, lasciandoglieli direttamente di persona oppure nei punti di raccolta sparsi nelle città.
Su internet è possibile trovare svariati consigli e idee originali e creative su come riciclare vestiti, ma negli ultimi anni è la modalità della vendita dell’usato che si sta facendo sempre più largo; online con app come Vinted, Depop, Wallapop – dove è possibile vendere e acquistare abbigliamento, accessori (e non solo!) ancora giovani e perfettamente riutilizzabili – e con fiere ed eventi temporanei come Vinokilo, che propone un nuovo modello di business nato in Germania ma diffusosi ormai in tutta Europa, dove puoi acquistare usato vintage e unico pagandolo al chilo.
Insomma, ogni soluzione è diversamente valida e tocca a noi scegliere come smaltire i nostri vestiti cercando sempre di promuovere un consumo sostenibile.
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