O l’importanza di capire bene l’etichetta. Si tratta di un gruppo di termini che ormai sono onnipresenti nelle nostre giornate ma cosa significano davvero? Quali sono le differenze?
Ricordo un mio professore che disse qualcosa come “ una buona comprensione parte da una buona definizione”. Ecco le definizioni che, a mio parere, potrebbero tornare utili:
-Biodegradabile è la capacità di sostanze e materiali organici di essere degradati in sostanze più semplici mediante l’attività enzimatica di microrganismi.
-Compostabile: questa parola rimanda ad una normativa tecnica italiana ben precisa coerentemente con le normative europee la UNI EN 13432. Questa norma tecnica, stabilisce i requisiti che gli imballaggi devono possedere per poter essere recuperati tramite compostaggio. Il compostaggio a sua volta è un processo mediante il quale la materia organica si decompone grazie all’azione di microrganismi e si trasforma in un terriccio fertile.
-Riciclabile: con questo termine ci si riferisce a tutti i materiali che possono essere riciclati ossia che, sottoposti a dei processi di lavorazione, si trasformano in una nuova materia prima o prodotto. La parola Riciclato ne è l’ovvia conseguenza.
Queste parole sono rassicuranti da leggere sulle etichette di ciò che compriamo ma non hanno lo stesso valore per l’ambiente. Biodegradabile non necessariamente equivale a basso impatto ambientale. Ad esempio, la carta dà la percezione di un materiale più rispettoso dell’ambiente ma deriva dal legno e quindi aumentarne la produzione significa danneggiare le foreste e la loro preziosa biodiversità con ripercussioni negative sul clima globale.
Altro materiale così comune che ci sta soffocando: la plastica. Da alcuni anni sono emerse le bioplastiche ossia plastica composta del tutto o in parte da biomassa organica.
Alcune bioplastiche come il PLA (acido polilattico) ricavato dalla macinazione del mais è sì, biodegradabile ma per innescare e ottenere una degradazione in tempi rapidi è necessaria una temperatura elevata e particolari condizioni di umidità che raramente si presentano in natura. Ciò rende quindi necessario sottoporre le bioplastiche ad un processo industriale che non è innocuo da un punto di vista ambientale.
ALLORA COSA SI PUO’ FARE? LA REGOLA DELLE 3 R
Le R stanno per Riusa Riduci e Ricicla. Questa regola durante il G8 del 2004 è stata inserita nelle agende internazionali. Viene anche chiamata “triangolo ecologico” e ha una struttura gerarchica. Potrebbe sorprendere il fatto che in questa gerarchia la parola Ricicla non è la più importante e questo perché se si attuassero anche le altre R, cioè Riusa e Riduci, la parola Ricicla potrebbe non essere necessaria o comunque si ridurrebbe notevolmente.
La parola più importante è Riduci: questo comportamento sacrosanto si può applicare in vari ambiti della nostra vita quotidiana quindi non solo la cosa più evidente come i rifiuti ma anche, per esempio, il consumo energetico e idrico, il consumo di prodotti tossici per l’ambiente come i detersivi e preferire prodotti casalinghi come l’aceto.
La parola successiva è Riusa, quindi allungare la vita utile di un prodotto. Ciò può avvenire in vari modi: con una buona manutenzione e cercando di riparlo in caso si rompa. Quando poi è non più utilizzabile per lo scopo per cui è stato ideato, basta pensare che non è detto che non possa avere un nuovo scopo, una nuova vita. Questo oltre che rispettoso per l’ambiente è anche un ottimo stimolo per la nostra creatività.
Ed infine c’è Ricicla. Nonostante quanto detto sin’ora, il riciclo non deve essere visto in una luce totalmente negativa, infatti il riciclo ha la fondamentale conseguenza di non intaccare le risorse naturali. Per questo ai prodotti riciclabili è meglio preferire quelli riciclati.
Vorrei chiudere con una considerazione personale o, meglio, raccontare una trappola in cui a volte cado, leggendo le etichette: la parola “Riciclabile” sulle confezioni ha un immediato effetto rassicurante e può diventare una giustificazione: “è riciclabile quindi ho rispettato l’ambiente. Per oggi sono a posto”. Ma è una strada scivolosa perché costringe quasi in una sorta di “comfort zone” impedendo maggiori e migliori sforzi che l’ambiente così tanto si merita.
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