Nel 1974, la studiosa e attivista francese per i diritti delle donne Françoise d’Eaubonne, fondò l’Ecofemminismo: un movimento che sottolinea l’esistenza di un’analogia tra la condizione di subordinazione della donna nella società e il degrado della natura messo in atto dall’uomo.
Fin dalla preistoria, esiste un profondo legame tra la natura e la figura femminile: nelle civiltà arcaiche la donna era associata alla Madre Terra, generatrice di vita e potente forza della natura. Era rappresentata come Dea Madre, una divinità femminile primordiale, rinvenibile in una vasta gamma di culture e di mitologie: dalle cosiddette Veneri dell’età della pietra, alla Pachamama in Perù, fino alla Dea Kunapipi venerata dalle tribù aborigene dell’Australia. Da questo legame ancestrale, che vede la donna e la natura interconnesse, si è sviluppato l’immaginario della donna come responsabile della procreazione e della cura.
L’Ecofemminismo parte dal concetto secondo il quale ciascun individuo sia collocato socialmente in base alla sua appartenenza ad una categoria sociale. In base a tale classificazione, in un sistema sociale di tipo patriarcale e capitalista, alcune categorie sono collocate più in alto nella gerarchia perché detentrici di caratteristiche come l’essere uomo, bianco ed eterosessuale. Vengono così attuate forme di oppressione sugli individui appartenenti alle categorie opposte considerate di rango inferiore: l’essere donna, di una minoranza etnica, appartenente alla comunità LGBTQ+.
Questo concetto è alla base delle sistematiche azioni di discriminazione da parte delle categorie dominanti su quelle subalterne, secondo la dicotomia oppresso – oppressore.
Questa logica di potere ha delle ripercussioni in ogni ambito della realtà in cui siamo inseriti, e secondo il movimento Eco-femminista, giustifica la dominazione dell’uomo non solo sugli altri esseri umani, ma anche sulla natura e sull’ecosistema.
Il depauperamento delle risorse naturali, la deforestazione utilizzata per far posto agli allevamenti intensivi, la prevaricazione dell’uomo nei confronti delle donne e del loro corpo, hanno come comune denominatore un sistema patriarcale e capitalista capace di esercitare il proprio controllo.
L’uomo, in un’ottica antropocentrica, proietta sulla natura e gli ecosistemi il proprio dominio e sfrutta l’ambiente in una logica di profitto economico e presunto sviluppo, generando problematiche come inquinamento, cambiamenti climatici e degrado ambientale. Così come la donna troppo spesso è oggetto di violenza, anche la Terra non è da meno, diventando sempre più oggetto di maltrattamento e sfruttamento da parte dell’uomo.
Lo scopo del movimento Eco-femminista, ancora poco conosciuto in Italia, è quindi quello di decostruire il pensiero che sta alla base dello sfruttamento sia delle donne che della natura, conducendo delle lotte intersezionali e combinando insieme femminismo e ambientalismo. Propone uno sviluppo umano che abbia al centro una relazione egualitaria e inclusiva tra uomo e donna e di rispetto della natura e degli ecosistemi.
Data l’estrema importanza e urgenza di questi temi oggi, l’auspicio, diffondendo visioni come questa che studiano e analizzano le profonde connessioni nella nostra società, è che si riesca ad individuare e decostruire aspetti negativi di una cultura che quotidianamente sperimentiamo, imparando a essere più consapevoli e individuando le conseguenze che questo tipo di cultura velatamente genera nei diversi ambiti della nostra vita.
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