Anche l’ambiente si ammala di Covid-19.
Una nuova guerra è ufficialmente cominciata nel 2019, anno di esplosione del virus. Schieramenti protagonisti di questo conflitto? Cittadini del mondo vs. Covid-19.
Come ben noto, l’agente patogeno infettivo in questione ha davvero stravolto la vita di ciascuno di noi, alterandone ritmi e abitudini; un virus così diffuso da aggiudicarsi il titolo di pandemia globale, cosa che non succedeva da decenni; un virus così invasivo dal punto di vista sanitario, sociale, economico e politico, da essere spesso identificato come causa scatenante della “terza guerra mondiale”. Un nemico, insomma, non semplice con cui dover convivere. Come in ogni guerra, chi viene attaccato cerca di difendersi al meglio e l’artiglieria adottata dall’uomo questa volta è diversa dal solito: si tratta infatti dei cosiddetti dispositivi di protezione individuale (DPI), dispositivi monouso comunemente conosciuti come guanti e mascherine.
Certo, questi strumenti ci proteggono, sono i nostri fedeli compagni nella quotidiana lotta contro il Covid-19. Tuttavia, possono essere delle vere e proprie armi a doppio taglio: beneficiano noi, ma distruggono la nostra casa, il nostro pianeta. Ecco quindi che i rifiuti covid si trasformano nella fonte d’inquinamento per eccellenza del XXI secolo.
Verso un mondo fatto di… plastica.
Nel dettaglio, le mascherine monouso sono il frutto dell’unione di tre elementi: gli elastici, il tessuto, che in realtà non è tessuto ma polipropilene, quindi plastica, e la barra metallica. Tre elementi non degradabili e soprattutto non riciclabili contemporaneamente, assai complicati da smaltire. I guanti, similmente, sono per la maggior parte composti da plastica al 100%. È raro, infatti, trovare luoghi pubblici quali supermercati o stazioni di rifornimento che mettano a disposizione guanti in lattice naturale.
Oltre a ciò, molti, troppi cittadini si sbarazzano dei loro DPI personali gettandoli a terra e soprattutto in acqua, dove si accumulano ai già 8 milioni di tonnellate di rifiuti di plastica che finiscono in mare annualmente.
È ormai tristemente accertato, quindi, che i DPI sono divenuti, ad oggi, parte integrante dell’arredo urbano in numerose città e la loro onnipresenza nell’ambiente è tutto fuorché eco-vantaggiosa.
Lo scontro tra due drammatiche crisi: Covid-19 e ambiente.
L’attuale crisi sanitaria sta indubbiamente imperversando sulla crisi ecologica. Per non dimenticare l’importanza dell’impatto che le nostre azioni esercitano sull’ambiente, numerose sono le associazioni ambientaliste entrate in azione per lanciare l’allarme. Organizzazioni quali l’OMP (Operation Mer Propre), OceansAsia, Greenpeace, Earth.org, e molte altre, stanno raccogliendo prove schiaccianti contro l’uomo e l’uso irresponsabile di DPI, in modo tale da esortare non solo i cittadini stessi, ma soprattutto le autorità politiche ad adottare una valida alternativa all’“usa e getta”.
I DPI, come stimato dal Dipartimento per l’ambiente marino del servizio sanitario pubblico belga, hanno in media una vita di 450 anni: un’eternità pertanto deve trascorrere prima che si decompongano. Ciò significa che, se non smaltiti correttamente ora, finiranno per diventare la flora e fauna, marine e non, del futuro: certamente un brutto biglietto da visita con cui presentarsi alle generazioni future.
In aggiunta, ciò che danneggia l’ambiente danneggia al tempo stesso l’uomo – regola del “tutto torna”: difatti, oltre a causare la morte della fauna marina se inghiottiti, i DPI, una volta entrati a contatto con l’acqua, sprigionano delle microparticelle di plastica che vengono ingerite dai pesci che poi noi acquistiamo dal pescivendolo e mettiamo sul piatto.
La neo cultura del verba volant, scripta imago manent.
Tuttavia, verba volant: la nostra società è pervasa dalla cultura visuale, dalla necessità di “vedere per credere”, le parole non sono mai abbastanza. È solo vedendo una cosa con i nostri stessi occhi che iniziamo a percepirne la realtà. La fotografia è sicuramente l’esponente per eccellenza di questa neo cultura.
A tal proposito la World Press Photo 2021, un contest fotografico che premia il miglior giornalismo visivo dell’anno, vede sulla vetta della classifica per la categoria ambiente lo scatto del fotografo californiano freelance Ralph Pace: l’immagine, intitolata “Leone marino della California gioca con una mascherina”, ritrae un leone marino che nuota verso il simbolo per antonomasia del Covid-19, la mascherina. L’inquadratura possiede una forte retorica: ci ricorda il fragile equilibrio di un sistema che stiamo distruggendo e ci esorta indirettamente a voler bene al nostro pianeta.
Come possiamo tutelare la nostra Terra?
In risposta a tale emergenza ambientale molte industrie hanno provveduto a produrre DPI realizzati con materiali totalmente biodegradabili e compostabili, adottando quindi una filosofia eco-friendly in risposta alla pandemia globale.
Inoltre, avvalersi di mascherine lavabili e riutilizzabili, ormai ampiamente in commercio, e lavarsi più spesso le mani anziché continuare a cambiare i guanti, sono due piccoli accorgimenti che possono fare un’enorme differenza.
Non aspettiamo l’arrivo di altri scatti fotografici in stile Ralph Pace per agire; piuttosto, prendiamo alla lettera il famoso detto “prevenire è meglio che curare” e comportiamoci in conformità con esso.
Puoi trovare qui maggiori informazioni su esempi di DPI ecosostenibili.
Lascia un commento