La FAO ha calcolato che oggi sulla Terra sono presenti 4,06 miliardi di ettari di boschi, pari a circa il 31% delle terre emerse. Nel quinquennio più recente (2015-2020) la deforestazione ha interessato 10 milioni di ettari di copertura forestale, dato in calo rispetto ai 12 milioni di ettari del 2010-2015 e ai 16 milioni di ettari del periodo 1990-2000. Inoltre, secondo una stima effettuata dai ricercatori della Yale University, al mondo ci sarebbero 3.04 triliardi di alberi, che su una popolazione globale di 7,2 miliardi, corrispondono a circa 422 alberi per ogni abitante della Terra. Infine, sempre secondo il rapporto FRA 2020 (Global Forest Resources Assessment) della FAO, dal 1990 il mondo ha perso 178 milioni di ettari di foresta. Ma, pur essendo diminuito, il tasso di deforestazione continua a essere motivo di allarme. Dopotutto, ogni anno vengono tagliati circa 10 miliardi di alberi.
Il rapporto IPCC del 2018 suggeriva un aumento di 1 miliardo di ettari di foresta per limitare il riscaldamento globale entro 1,5°C entro il 2050. E mai come adesso, in Italia e nel mondo, si parla sempre più spesso di piantare alberi nelle città; l’albero sta pian piano emergendo come elemento fondamentale, al centro delle campagne politiche e non. Questo perché i benefici riconosciuti agli alberi sono innumerevoli e essenziali: dall’assorbimento di anidride carbonica e altri inquinanti, all’intercettazione delle precipitazioni estreme la cui forza viene smorzata dalle chiome e dai suoli permeabili su cui crescono, al raffrescamento durante le ondate di calore. E così via.
Questi effetti non sono teorici, ma si possono quantificare; per esempio il valore monetario delle esternalità della rimozione di inquinanti atmosferici da parte della vegetazione, ossia del costo sociale stimato dell’inquinamento (salute umana, impatto ambientale e danni materiali) che non è considerato nel prezzo di mercato dei beni o servizi che hanno causato l’inquinamento stesso, espresso in costo per Mg di ciascun inquinante è stimato per l’Italia dall’Agenzia Europea dell’Ambiente (2014) a 31.356 €/t per il PM10 e 7.798 €/t per O3. Altro esempio è AIRtree, strumento sviluppato dal CNR, che permette di quantificare con precisione quanti inquinanti possono assorbire le chiome degli alberi in una città.
È interessante notare come secondo alcuni studi, calcolando la maggior copertura arborea possibile e un ritmo di fotosintesi simile ad oggi, nelle condizioni climatiche attuali verrebbero assorbiti “solo” 2-3 miliardi di tonnellate di CO2 in più all’anno, a fronte di emissioni antropiche di 40 miliardi di tonnellate all’anno. Significa che, se la cattura fotosintetica del carbonio da parte degli alberi rimane comunque tra le strategie più efficaci per limitare l’aumento delle concentrazioni globali di CO2, resta l’esigenza e l’importanza di accompagnare la riforestazione a politiche di mitigazione e adattamento al cambiamento climatico.
Chiarito questo, bisogna anche stare attenti alle promesse propagandistiche attorno ai progetti di riforestazione. Infatti, se eseguiti male, rischiano di causare perdite di carbonio e biodiversità. E bisogna stare attenti anche a dove finiscono i finanziamenti, ad esempio in Cile è accaduto che per massimizzare il profitto e usufruire delle sovvenzioni, i proprietari terrieri abbiano sostituito la foresta nativa con piantagioni di alberi da frutto: aumentando sì la superficie forestale, ma riducendo quella a foresta nativa, più efficace per l’assorbimento di carbonio e maggior fonte di biodiversità.
L’attenzione principale va posta sempre sull’importanza della biodiversità, strutturale e funzionale, e quindi sulla scelta di specie e soprattutto del loro mix, in base alle caratteristiche biogeografiche dei territori interessati dagli interventi di forestazione, tenendo in considerazione le specifiche esigenze di fornitura dei servizi ecosistemici. Afforestare è insomma creare ecosistemi. Non conta solo piantare, ma cosa e dove piantare. La vita è sistemica, è frutto di interconnessioni, e gli ecosistemi sono un insieme di equilibri e connessioni tra tutti gli elementi che lo compongono, i quali a loro volta sono connessi con tutto quello che li circonda. E dunque con noi stessi, che al loro interno viviamo e che di queste connessioni, anche a seconda delle nostre interferenze, possiamo prosperare o crollare.
L’obbiettivo è dunque cercare di far crescere foreste in salute, scegliendo specie idonee, da piantare in mescolanza, che resistano alle pressioni climatiche, in modo da svolgere al meglio le loro funzioni ecosistemiche a beneficio dell’ambiente e della società. Una riforestazione che insegua solamente numeri record di alberi è destinata a fallire, se non prende in considerazione le numerose connessioni, i processi vitali e le funzioni ecologiche che la creazione di un ampio sistema forestale può avere. E una volta stabiliti questi obbiettivi, i progetti devono essere multidisciplinari, portati avanti da personale tecnico e politico formato, capace di cogliere le conseguenze complesse che ogni intervento sull’ambiente può comportare. Tutto ciò è fondamentale per lo sviluppo sostenibile, anche nelle aree metropolitane dove diventa essenziale non solo proteggere e ripristinare gli ambienti naturali, ma anche incrementare le foreste urbane e periurbane, tramite la valorizzazione delle reti ecologiche, cioè proprio dei processi che sostengono gli equilibri ambientali e la loro biodiversità.
È nodale capire le basi del nostro di eco-sistema per portare avanti una battaglia che riesca a creare un sistema socio-ecologico che possa radicalmente definirsi sostenibile. E per quanto riguarda il fenomeno sempre più in voga dell’afforestazione, non lasciarsi solo incantare da slogan che ambiscono a piantare triliardi di alberi, ma chiedersi e chiedere trasparenza e coerenza su quali alberi, dove, e come verranno gestiti una volta piantati. Nel rispetto del luogo, del clima, del suolo, e della vita delle popolazioni che vivono all’interno di quel sistema.
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