Lo squalo, tra i pesci più temuti dall’essere umano e con antenati apparsi circa 400 milioni di anni fa, rischia l’estinzione. In tutto il mondo, esistono circa 465 differenti specie di squalo e ogni anno ne muoiono circa 100 mila a causa dell’uomo.
Lo squalo, non avendo predatori, è al vertice della catena alimentare. Un navigatore instancabile, che può nuotare giorno e notte migrando da una zona all’altra con semplicità e scovare le sue prede da più di 8 chilometri di distanza.
Si nutre di pesci, crostacei, tartarughe, serpenti e molti altri organismi, ma inevitabilmente ingerisce anche plastica e microplastiche che sono disperse in mare. Le microplastiche inferiori a 5 millimetri contengono un’elevata quantità di sostanze nocive per gli animali e sono in grado di modificare i loro processi biologici. Le microplastiche possono essere trovate nei cosmetici, nei prodotti per l’igiene, nei prodotti per la casa e nei materiali edili e industriali.
Un altro fattore che minaccia la loro estinzione è il surriscaldamento globale e l’acidificazione dei mari. Il riscaldamento dei mari porta gli squali ad avere bisogno di più energia per sopravvivere, ma allo stesso tempo il loro olfatto si riduce, provocando un peggioramento delle abilità di caccia. Molti squali in questo caso sono costretti a migrare andando a cercare un habitat più confortevole, alterando però gli equilibri del nuovo ecosistema.
La vita degli squali è minacciata anche dalla pesca. Molte specie rimangono aggrovigliate tra le reti e, non riuscendo a districarsi, subiscono delle lacerazioni o deformazioni della loro struttura. Gli ami da pesca, invece, sono altamente pericolosi, perché talvolta rimangono conficcati nella bocca o peggio ancora finiscono nell’apparato digerente, causando danni anche agli organi interni, riducendo così la loro aspettativa di vita. Altri squali, diversamente, vengono catturati, uccisi o vengono loro rimosse le pinne solo per il piacere di mangiarle.
L’Unione Europea (UE), già da Luglio del 2003 vieta l’asportazione delle pinne di squalo (Regolamento (CE) 1185/2003), ma è importante notare: “La pratica dello «spinnamento» degli squali, che consiste nell’asportare le pinne dagli squali rigettando poi i loro corpi in mare, può contribuire alla mortalità eccessiva degli squali in misura tale da provocare l’esaurimento di numerosi stock di squali compromettendone lo sfruttamento sostenibile per il futuro”. “L’asportazione delle pinne da squali morti a bordo può essere tuttavia consentita qualora tale operazione consenta un’utilizzazione più razionale di tutte le parti dell’animale mediante la lavorazione separata a bordo delle pinne e delle restanti parti degli animali. In tal caso è necessario che lo Stato membro di bandiera rilasci e gestisca, in base alle relative modalità, un permesso di pesca speciale conformemente al regolamento (CE) n. 1627/94, del 27 giugno 1994, che stabilisce le disposizioni generali relative ai permessi di pesca speciali”.
È importante sollecitare e rendere coscienti le persone affinché tutelino totalmente la specie, non differenziando l’uso che si può fare dello squalo e delle parti di esso. Il rischio di estinzione degli squali non diminuisce semplicemente regolamentandone la pesca, sarebbe necessario vietarla ed eliminare tutti i comportamenti dell’essere umano che vanno a nuocere la vita sia della loro sia delle altre specie.
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