Quella di Agitu Idea Gudeta, imprenditrice etiope, è una storia di resistenza, ma soprattutto di resilienza.
Oggi, Agitu non c’è più, è stata strappata alla vita nel peggiore dei modi a fine Dicembre 2020. Tuttavia, resta un esempio importante: quello che un’alternativa sostenibile è possibile. Ecco perché oggi ci teniamo a raccontarvi la sua storia.
Nata in Etiopia, dopo essersi trasferita in Italia a diciotto anni e aver conseguito una laurea in Sociologia, torna nella terra nativa dove per anni porta avanti progetti di sviluppo sostenibile. Nel 2010, però, in risposta a fenomeni di land grabbing, Agitu si mostra fortemente contraria e insieme ad altri studenti di Addis Abeba sostiene diverse manifestazioni pacifiche.
Ma, cos’è il land grabbing?
“Si parla di land grabbing (accaparramento delle terre) quando una larga porzione di terra considerata “inutilizzata” è venduta a terzi, aziende – solitamente multinazionali – o governi di altri paesi senza il consenso delle comunità che ci abitano o che la utilizzano, spesso da anni, per coltivare e produrre il loro cibo. Uno scandalo che esiste da molti anni, ma che dallo scoppio della crisi finanziaria è cresciuto enormemente, spingendo nella fame migliaia di contadini del Sud del mondo.”– OXFAM
In un’intervista di Slow Food, la donna racconta degli effetti devastanti che questo tipo di politiche hanno portato in Etiopia: impoverimento dei contadini, inquinamento ambientale, mancato riguardo per il territorio e per la cultura locale.
Mostrare contrarietà in Etiopia non è semplice. I poteri locali infastiditi dal dissenso diedero il via a una serie di repressioni che Human Right Watch (HRW) ha definito “senza precedenti”. Sempre secondo un rapporto di HRW, si sono contate più di 500 persone uccise durante le proteste solo nel 2016. È evidente che per Agitu diventò inevitabile fuggire dal paese.
Ma essere un rifugiato politico non è semplice. Dietro alla “felicità” di essere riusciti a scappare da un terribile destino, resta la difficoltà di trovarsi in un territorio nuovo, nel caso di Agitu in Trentino, con la necessità di reinventare la vita, di ricominciare.
Eppure, l’amore per l’agricoltura e il rispetto per il territorio di Agitu l’hanno guidata in un viaggio che, seppur nuovo, non ha mai perso il filo conduttore con il suo passato.
Come?
Nel 2015, a Frassilongo (TN), dopo tanti anni di sacrifici Agitu riesce a creare il suo progetto sostenibile: “La Capra Felice“, un’azienda di prodotti latto-caseari che nasce da un programma di recupero della capra autoctona Mochena.
Perché la capra Mochena?
La razza Mochena, in passato, era allevata su tutto l’Arco Trentino, dove si aveva un’agricoltura familiare e autosufficiente. Con il tempo si iniziò a industrializzare l’agricoltura e si preferì la produzione all’ingrosso al benessere della terra. In poche parole, l’industrializzazione portò a rischio di estinzione le capre mochene che essendo meno produttrici di latte rispetto ad altre razze, non si ritennero meritevoli di attenzione.
La scelta della capra Mochena è stata, quindi, il simbolo di quella lotta che Agitu aveva iniziato in Etiopia: la lotta all’industrializzazione dell’agricoltura.
Abbandonare la sua terra non ha mai significato abbandonare l’attenzione per l’ambiente, non ha mai significato smettere di lottare contro le ingiustizie, non ha mai significato smettere di resistere. Infatti, Agitu recuperò alcuni terreni abbandonati, restituendo alle capre mochene il proprio habitat naturale, e a se stessa, i progetti di sviluppo sostenibile che l’Etiopia non le aveva consentito di portare a termine.
Anche la produzione di Agitu si mostra virtuosa: attinge ai saperi delle esperienze vissute (quelle in Africa, le formazioni in Trentino e dalle arti caseari apprese in Francia mentre svolgeva lavori di ragazza au-pair) per produrre formaggi da latte crudo, senza pastorizzare il latte e senza utilizzare fermenti industriali. La particolarità di “La Capra Felice” è quella di lasciare gli animali liberi tutto il giorno di pascolare. Grazie a questa tecnica di allevamento, tutto ciò che mangiano lo conferiscono al latte cosicché il formaggio, grazie al suo sapore unico, diventa un autentico testimone del territorio.
Per il lavoro svolto, le viene conferito il premio per la Resistenza Casearia, “un riconoscimento che Slow Food assegna a quei pastori, casari, studiosi e appassionati che rifiutano le scorciatoie e che con tenacia continuano a produrre formaggi e alimenti rispettando naturalità, tradizione e gusto. Anche se tutto ciò comporta fatiche, rischi, isolamento, loro resistono. Resistono non solo per loro stessi ma anche per noi, perché mantengono vivi patrimoni straordinari: il saper fare, i paesaggi, il rapporto sano con gli animali, le tecniche tradizionali.” – Slow Food
Agitu è partita da zero, ma non si è mai fatta intimorire. È riuscita a rendere concreto un progetto in cui credeva grazie alla passione, alla perseveranza e al sacrificio, per questo è stata, ed è ancora oggi, un simbolo di speranza per molti, soprattutto per i giovani alle prime armi con il mondo dell’imprenditoria e dell’agricoltura.
“È importante portare avanti un progetto o una passione, ovunque tu sia, quello che conta è ciò che tu ci metti: la passione, l’amore, il rispetto per il territorio. Allora nessuno può fermarti.”
– Agitu Idea Gudeta.
Cercare di portare avanti gli insegnamenti di Agitu Idea Gudeta è fondamentale, sia per mantenerne vivo il suo ricordo, sia per il rispetto della nostra terra. Agitu resta una storia di Resistenza con la R maiuscola che non possiamo dimenticare, e dalla quale possiamo, se non dobbiamo, trarre ispirazione e coraggio.
Massimo dice
Lo utilizzo per i miei studenti… è un esempio che non va disperso