Come ogni anno dal 2014, gennaio dà inizio ad una iniziativa che chiama a raccolta i cittadini di tutto il mondo, reduci dagli sfarzi ed eccessi delle festività e gonfi di aspettative e buoni propositi per l’anno nuovo. Parliamo di quello che tra i diversi social si sta espandendo a macchia di share sotto l’hashtag di #veganuary, ovvero l’iniziativa che vuole aumentare la consapevolezza e l’attenzione delle persone verso una dieta vegetale, e che sfida cittadini onnivori e vegetariani ad impegnarsi per 31 giorni a non mangiare alimenti di origine animale. Veganuary non è la prima iniziativa di questo tipo, basti pensare al Meatfree Monday lanciato per primo da Paul McCartney, o ai nostrani Mercoledì Veg promossi dalla LAV (Lega antivivisezione). L’obiettivo comune sta nel cercare, in diverse forme, di dare agli interessati la possibilità di mettersi in gioco a tavola, affinché questa sia più sostenibile dal punto di vista ambientale.
L’evento Veganuary prende forma dall’omonima organizzazione senza scopo di lucro con sede nel Regno Unito, nata ad opera di due attivisti per i diritti animali. Negli anni è stato accolto da oltre 1 milione di persone da 192 Stati, la partecipazione all’evento è infatti più che raddoppiata da un anno all’altro. Nel 2020 hanno preso parte al Veganuary 400.000 persone e, secondo le statistiche dell’organizzazione, il 72% di queste ha dichiarato di voler continuare la dieta vegetale oltre al mese di gennaio.
L’obiettivo è quello di promuovere i benefici della dieta vegana attraverso il supporto di volontari e collaborazioni da parte di organizzazioni, blogger, chef, nutrizionisti e personaggi pubblici che divulgano, durante l’evento, informazioni e materiale che possano guidare gli interessati a seguire il mese senza necessariamente incorrere a “privazioni”, ed aiutarle ad abbracciare uno stile di vita senza prodotti derivati da animali che sia più duraturo di 31 giorni.
Secondo le statistiche Veganuary, i partecipanti sono spinti a seguire l’evento per diverse ragioni. Il 38% dei partecipanti al “mese vegano” l’ha fatto per i benefici sulla salute, il 37% per questioni etiche e il 18% per ragioni ambientali. Ciò che sicuramente aiuta nella decisione di aderire, è la consapevolezza degli eccessi a tavola durante i giorni di festa e il periodo che li antecedono e, sebbene molti partecipanti siano spinti da motivazioni etiche ed ambientali, molti vedono l’evento come un periodo il cui potersi “depurare” per iniziare l’anno in modo più sano e leggero. È possibile che, se spinti da questi propositi, la svolta drastica di alimentazione non permetta che il percorso perduri oltre il mese di gennaio, spesso infatti scelte di tale importanza e impegno, senza solidi principi, scemano nel breve periodo.
Per limitare questa eventualità, gli esperti e i sostenitori della dieta vegana nel mondo, forniscono aiuto attivo e costante affinché la transazione alimentare sia più consapevole e facile possibile: forniscono idee per menù “plant based” lontani dai surrogati della carne e piatti pronti sugli scaffali dei supermercati; divulgano informazioni su tematiche nutrizionali; sensibilizzano le persone attraverso la comunicazione dell’impatto che l’allevamento animale ha sull’ambiente e sul concetto di benessere animale
In generale, ciò che ha alimentato diverse perplessità, è l’idea di incoraggiare le persone a scegliere uno stile di vita vegan solo temporaneo, in questo modo verrebbero messe in secondo piano le motivazioni etiche, anti-speciste, di rispetto della vita degli altri animali, alla base della scelta di vita cruelity free che non si limita alla sola scelta alimentare. Dall’altro lato, l’attivismo della comunità vegana cerca di colmare questo gap ed è comunque vero che seguire una dieta vegetale anche solo per un giorno (e a maggior ragione per un mese), può avere effetti pratici sulla vita degli animali, sulla salute e in generale sull’ambiente. Se anche questa dieta venisse seguita da tutti gli italiani, almeno un giorno a settimana, secondo lo stile della LAV, verrebbe salvata la vita a 12 milioni di animali, con tutte le ripercussioni che ciò avrebbe sull’impatto del settore sull’ambiente
In conclusione, il Veganuary può davvero essere un’opportunità per impattare meno sull’ambiente, sia a tavola che nello stile di vita. Sotto la proposta sotto la forma di sfida, si cela la volontà della comunità di essere quanto più aperta e inclusiva possibile, affinché vengano dati tutti i mezzi per compiere scelte consapevoli e quanto più durature, che giovino al pianeta e alla salute di tutti.
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