Prima di iniziare a leggere questo articolo prova a dare un’occhiata all’etichetta del maglione che stai indossando in questo momento, molto probabilmente ci sarà indicata una percentuale alta di acrilico oppure di cotone.
Nonostante questi due tipi di materiali utilizzati per i tessuti abbiano origini differenti, entrambi hanno un forte impatto sull’ambiente.
L’acrilico, insieme al poliestere, al nylon e all’elastam (o lycra) sono tessuti non rinnovabili o meglio hanno un bassissimo tasso di biodegradabilità. Questi tessuti sintetici, ottenuti da materiali fossili, rientrano nella categoria dei tessuti prodotti artificialmente dall’industria chimica. Mentre il cotone appartiene alla categoria di tessuti derivati da fibre organiche o di origine animale, come lino, canapa e lana. La loro origine naturale porta a pensare che si tratta di una scelta più ecologica eppure non è così: un tessuto si può definire ecologico non per la sua origine ma per il processo produttivo a cui è sottoposto.
Quello che è certo è che il cotone e altre fibre naturali a base di cellulosa vegetale si degradano, tuttavia il processo produttivo non li rende una scelta green. Questo perché il cotone, ad esempio, occupa gran parte dei terreni agricoli nel mondo, infatti viene prodotto in 70 stati tra cui India, USA e Pakistan, ma per la sua coltivazione sono necessarie enormi quantità di pesticidi, fertilizzanti, acqua ed energia che inevitabilmente comportano grandi emissioni di CO2, basta pensare ai trattori utilizzati per arare che vanno a benzina.
Tuttavia la produzione non è l’unico passaggio che impatta sull’ambiente, anche la “manutenzione” degli indumenti inquina: a ogni lavaggio i vestiti rilasciano una grande quantità di minuscole fibre singolarmente invisibili e praticamente indistruttibili che prima o poi finiscono nell’oceano. Essendo i nostri indumenti realizzati per lo più con materiali sintetici, soprattutto in poliestere, che non si degradano dopo lo smaltimento, ciò che finisce nei nostri mari sono microplastiche.
La rivista scientifica Scientific Reports nel 2019 ha reso pubblico uno studio basato sulla simulazione di un lavaggio domestico reale, con lo scopo di analizzare le acque reflue di una lavatrice per cercare di quantificare le microplastiche rilasciate in un lavaggio. È stato evidenziato che la principale causa della presenza di microplastiche negli oceani sono proprio i processi di lavaggio di tessuti sintetici. Secondo la rivista Wired le lavatrici per uso domestico contribuiscono per il 35% al rilascio di queste sostanze.
Il recente studio ha inoltre messo in evidenza che alcuni capi perdono più microfibre rispetto ad altri: poliestere e cotone sono risultati i maggiori.
Le microplastiche sono piccolissime particelle di plastica di grandezza che va dai 330 micrometri e i 5 millimetri, quindi praticamente invisibili all’occhio umano, che riescono a superare i filtri degli impianti di depurazione raggiungendo i mari.
È quindi chiaro che l’industria dell’abbigliamento pesi notevolmente sull’ambiente.
In quanto consumatori abbiamo un potere incredibile: essendo la domanda, noi possiamo anche influenzare l’offerta, dare dei segnali è necessario affinché anche le aziende si impegnino in una direzione più sostenibile.
Acquistare in maniera consapevole rappresenta il primo passo, iniziare a fare meno acquisti più mirati con la prospettiva di farli durare nel tempo, contrastando il fast-fashion e magari prediligere negozi vintage o di seconda mano. E soprattutto prestare maggiore attenzione alle etichette dei vestiti, perché la scelta dei materiali è importante per ridurre l’impatto. Ancora meglio se su di esse si trovano sigle come Gots, per il cotone organico, e New Merino, per la lana etica: si tratta di certificazioni di materiali sostenibili che garantiscono la sostenibilità etica e ambientale del tessuto tramite il controllo dell’intero processo produttivo. E infine approfittare di programmi di raccolta di indumenti di grandi marchi come H&M, Zara, OVS e tanti altri, che permettono di allungare la vita dei nostri vestiti donandoli a chi li necessita, riciclandoli e trasformandoli in nuovi tessuti o nuovi abiti.
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