Tempi duri si prospettano per gli specialisti del product marketing, ovvero coloro che studiano ogni dettaglio della confezione dei prodotti per far sì che nel consumatore si instilli il desiderio d’acquisto. La forma, il colore, il font, le parole, fanno parte di una strategia ben pianificata per convincerci che acquistando quel prodotto saremo più felici. Ma per i consumatori che orientano i loro acquisti con un occhio attento alla sostenibilità, anche il materiale dell’involucro gioca un ruolo importante nella scelta. La richiesta di imballaggi riciclabili, compostabili o provenienti da fonti rinnovabili è in aumento e l’offerta deve riuscire a tenersi al passo con la domanda.
Non vi è azienda che ad oggi non stia monitorando il trend della sostenibilità e della riduzione dell’impatto ambientale. Il valore del mercato globale degli imballaggi ha toccato quota 917 miliardi di euro nel 2019 ed è prevista una crescita fino a 1.05 bilioni nel 2023 (smithers.com/2019). Il packaging è un driver fondamentale nelle scelte d’acquisto, non si limita infatti a proteggere e migliorare la conservazione del prodotto, ma informa anche il cliente sulle modalità d’utilizzo, sulla qualità e sulla sicurezza di esso.
La composizione del materiale può addirittura arrivare ad essere l’ago della bilancia tra due prodotti omologhi. Secondo uno studio del 2020 di Two Sides sulle preferenze, le percezioni e gli atteggiamenti dei consumatori europei verso il packaging, emerge che la pressione sulla Grande Distribuzione Organizzata affinché questa aumenti l’impiego di imballaggi attenti all’ambiente è in crescita.
Il 48% degli intervistati ha affermato che opterebbe per un altro rivenditore se sapesse che questi non si sta impegnando seriamente nella riduzione degli imballaggi non riciclabili. Inoltre, il 58% dei consumatori sostiene che gli imballaggi non riciclabili dovrebbero essere scoraggiati con l’applicazione di tasse speciali.
Continua imperterrita anche la crociata contro la plastica, con un 70% di intervistati che sostiene di star agendo per ridurre l’utilizzo di questo materiale. Effettivamente, seppur differenziati correttamente, gli imballaggi di plastica in Europa raggiungono un tasso di riciclo di appena il 42%, a fronte di carta, vetro e metallo che superano tutti ampiamente il 70%.
L’urgenza di trovare alternative per porre fine all’utilizzo smodato di materie prime non rinnovabili e limitare la dipendenza dai combustibili fossili è impellente. A tal fine, diverse aziende si sono messe all’opera per offrire imballaggi in linea con l’ambizioso progetto di economia circolare contenuto all’interno dello European Green Deal, investendo ingenti somme nel settore ricerca e sviluppo. Tale azione può comportare investimenti iniziali esosi, ma che consentono il vantaggio competitivo dato dall’essere tra i primi a penetrare il mercato. Inoltre, questa visione a medio-lungo termine di ampliamento della CSR (Corporate Social Responsability) ha come riscontro anche l’aumento della buona reputazione del brand.
Dagli scarti del comparto agroalimentare provengono numerose soluzioni virtuose, con il focus principale di sostituire la plastica con materiali non derivanti dal petrolio e di facile biodegradabilità.
Un esempio è l’azienda bolognese Bio-On, che dagli scarti di produzione della barbabietola ha ideato una tipologia di materiale plastico, il Minerv-Sb, un composto di poliidrossialcanoati (PHA) ottenuti dalla fermentazione batterica dello zucchero. Minerv Sugar Beet viene estratto senza l’uso di solventi organici ed è biodegradabile in compost e acqua, nei quali si scompone in maniera naturale dissolvendosi in 10 giorni senza rilasciare alcun residuo solido. Tale materiale si propone come sostituto delle tradizionali plastiche nel settore del packaging per il settore alimentare, oltre che a quello automobilistico, farmaceutico e cosmetico.
In generale, i sostituti della plastica derivanti da materie prime vegetali sono diventati un’opzione percorribile, che troppo spesso tuttavia comporta un costo più elevato. Secondo lo studio (Two Sides) citato in precedenza però, il 44% dei consumatori sarebbero disposti a pagare di più un prodotto se fosse imballato con materiale sostenibile. Questa categoria di early adopters potrebbe dunque sostenere le aziende più green in attesa che un sistema di tassazione sull’uso di materie prime non rinnovabili e un abbassamento dei costi di produzione, rendano accessibili a tutti questa categoria di prodotti.
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