Immaginate di immergervi in mare: era un momento che aspettavate da tanto, un desiderio che vi ha accompagnati nei mesi più duri dell’inverno appena trascorso, tra mille impegni lavorativi e temperature vicine allo zero.
Immaginate di nuotare sereni al largo, quando all’improvviso vi accorgete che qualcosa non va: dove sono finiti tutti i pesci? Non c’è nemmeno traccia di crostacei o meduse. Si staranno nascondendo da voi, li avete forse spaventati?
Finalmente vi sembra di scorgere qualcosa muoversi in lontananza, sembrano alcune meduse: superate la paura che di solito vi assale alla vista di queste creature e vi avvicinate.
Illusi: si tratta soltanto di alcuni sacchi di plastica, di quelli per la spesa, che oscillano impigliati da qualche parte.
Delusi continuate la vostra ricerca, ma la situazione non migliora: vi imbattete in un pesce palla che in realtà è un Super Santos sgonfio; vi sembra di vedere una carpa nuotarvi vicino, ma è solo una vecchia scarpa; quando infine scambiate per mitili un mucchio di tappi di bottiglie ormai calcificati su uno scoglio, decidete di battere in ritirata.
Immaginate tutto questo, ma non preoccupatevi nel caso in cui non ci riusciste: tra pochi anni la quantità di fauna in mare sarà decisamente inferiore a quella dei rifiuti di plastica che solcheranno i sette mari.
C’è di più: il tempo di biodegradazione della plastica va dai 20 a 450 anni; chissà che magari tra qualche anno, mentre vi rilassate su una spiaggia della Sicilia, non vi imbattiate in quella bottiglietta di tè che noncuranti avete lasciato in spiaggia due anni prima, in Sardegna.
Anche peggio: parte di quella stessa bottiglietta potrebbe essersi già degradata e le sue particelle, ormai catalogabili come microplastica – frammenti di dimensioni inferiori ai 5 mm – potrebbero essere proprio lì, davanti a voi, ormai digerite dal pesce spada che con tanto amore avete cucinato per la vostra famiglia e che adesso vi accingete a mangiare.
Inutile aggiungere che se la plastica è una sostanza che non viene nemmeno citata all’interno della famosa piramide degli alimenti che tutti quanti abbiamo visto almeno una volta, un motivo ci sarà. Convinti di nutrirvi di uno degli alimenti più sani che la natura ci abbia fornito, vi accingete invece a farvi del male, ingerendo diversi grammi di plastica invisibile, (si stima che ognuno di noi ingerisca circa 5 gr di plastica a settimana).
Sebbene questo processo di inconsapevole (?) auto-distruzione che l’essere umano ha messo in atto, sia già arrivato a buon punto, (mai sentito parlare delle isole di plastica?), non è ancora troppo tardi per salvare i nostri mari e, di conseguenza, noi stessi.
Una soluzione interessante è quella proposta dall’Istituto di BioRobotica della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa in collaborazione con la Stazione Zoologica Anton Dohrn di Napoli: si tratta di Silver-2, acronimo di Seabed-Interaction Legged Vehicle for Exploration and Research, un granchio robotico pensato per aiutarci ad analizzare e ripulire i fondali marini dalla plastica, senza interferire con la fauna e la flora circostante.
Silver-2 è stato progettato osservando i movimenti dei granchi, e come loro saltella e si sposta in ogni direzione. E’ governato con l’ausilio di due telecamere ad alta definizione e un sistema di comandi wireless, possiede sei zampe, pesa 20 kg e può raggiungere i 200 m di profondità.
Con le zampe potrà afferrare i rifiuti di plastica individuati lungo il suo cammino, mentre la carotatrice contenuta all’interno del suo carapace potrà raccogliere dei campioni di fondale da analizzare alla ricerca delle microplastiche. Infine, Silver-2 sarà anche molto utile nell’esplorazione dei fondali marini, ancora in larga parte sconosciuti al genere umano (ne è stato esplorato solo il 5%!).
La prima immersione del prototipo di Silver-2 è avvenuta nel 2019 sui fondali di Livorno e il risultato è stato esattamente quello sperato: i suoi movimenti molleggiati gli hanno permesso di interagire con l’ecosistema circostante senza arrecare danni a quest’ultimo e a se stesso.
Ancora oggi questo esemplare di bio-robotica marina è unico nel suo genere e, inutile dirlo, un solo granchio non potrà rimediare ai danni di miliardi di esseri umani. La speranza è che, nel più breve tempo possibile, grandi colonie di questi animali 2.0 popolino i nostri mari, aiutandoci a rimediare a uno degli errori più grandi che ci ostiniamo a commettere ma del quale, finalmente, sembriamo aver preso coscienza.
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