L’Italia è il secondo Paese europeo per esportazione di pesticidi vietati in Europa, seconda soltanto al Regno Unito. A rivelarlo è un’inchiesta condotta dalla ONG Svizzera Public Eye e da Unearthed, l’unità giornalistica di Greenpeace UK.
Secondo i risultati dell’indagine, durata più di un anno ed eseguita considerando i prodotti notificati per l’esportazione, nel 2018 l’Italia ha esportato più di 9 mila tonnellate di pesticidi e prodotti agrochimici pericolosi, destinati soprattutto a paesi tra cui Stati Uniti, Australia, Marocco, Sud Africa, India, Messico, Iran e Vietnam. Il nostro Paese si posiziona al secondo posto tra i Paesi esportatori con circa un 12%, seguito a breve distanza dalla Germania e secondo solo al 40% del Regno Unito.
Prodotti fitosanitari banditi nell’UE ma esportati in altri Paesi
I prodotti agrochimici in questione, tra cui ethalfluralin, atrazina e alachlor, sono considerati estremamente nocivi tanto per l’uomo quanto per l’ambiente e per questo motivo il loro utilizzo non è ben visto all’interno dell’Unione Europea. Essi sono infatti soggetti a divieti di utilizzo o severe restrizioni in quanto inquinanti per l’ambiente, potenzialmente cancerogeni e tossici sia per l’uomo che per gli animali. L’atrazina, per esempio, principio attivo utilizzato come erbicida, è in grado di provocare una disfunzione riproduttiva negli animali arrivando addirittura ad invertire il sesso di alcuni anfibi, come ha dimostrato uno studio condotto nel 2010 presso l’Università della California, Berkeley negli Stati Uniti. Per quanto riguarda l’alachlor sono state registrate disfunzioni tiroidee, variazioni dei livelli ormonali ed effetti cancerogeni.
Questi prodotti vengono esportati in Paesi dove la regolamentazione dei fitosanitari risulta meno restrittiva e meno attenta; le popolazioni locali sono fortemente colpite dal loro utilizzo, il quale provoca inquinamento atmosferico, inquinamento del terreno e delle falde acquifere, e di conseguenza gravi danni sulla salute di animali e persone.
L’economia degli squilibri sociali
Baskut Tuncak, incaricato speciale dell’ONU per gli studi sulle sostanze tossiche, dopo aver rivelato che almeno 30 nazioni l’anno scorso hanno spedito in America Latina, Asia ed Africa prodotti banditi sul loro stesso territorio nazionale, ha espresso una forte preoccupazione. Tuncak, insieme ad altri 35 membri del Consiglio per i Diritti Umani dell’ONU, ha esortato le nazioni più ricche, tra cui Danimarca, Germania, Regno Unito e Svizzera, a non creare “standard doppi”: più della metà degli introiti ricavati dalla vendita di questi prodotti proviene da Paesi a medio e basso reddito.
“Nella maggior parte dei casi non esiste nessuna legittima giustificazione di pubblico interesse”, ha dichiarato Tuncak. “Queste scappatoie sono una concessione politica alle industrie, che permette ai produttori di prodotti chimici di lucrare su lavoratori e comunità inevitabilmente avvelenati, mentre importano per sé prodotti più economici attraverso reti di fornitura globali e alimentano modelli di produzione e di consumo insostenibili. È giunto il momento che gli stati diano un taglio a questo sfruttamento”.
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