Il Permafrost, terreno perennemente ghiacciato delle regioni artiche, si sta sciogliendo a velocità allarmanti. Questo potrà in futuro riversare quantità potenzialmente enormi di gas serra nell’atmosfera, rendendo ancora più difficile la lotta ai cambiamenti climatici.
Ai più, l’incidente alla cisterna di gasolio avvenuto in Siberia il 29 maggio 2020, con conseguente sversamento del liquido nell’ambiente circostante, potrebbe sembrare un semplice incidente tecnico per nulla collegato al surriscaldamento climatico. Purtroppo giudizi affrettati nascondono le reali cause, che sono indubbiamente molto più gravi.
Come già accennato, il permafrost sta vivendo una drammatica fase di regressione. Questo, oltre ad altri gravi problemi che illustrerò in seguito, comporta anche un vero e proprio “collasso” del paesaggio. In territori che un tempo risultavano pianeggianti si cominciano a creare avvallamenti, sprofondamenti che in poco tempo si riempiono d’acqua, trasformando velocemente una dolce pianura in una sorta di palude con qualche monticello residuale sparso qua e là lungo l’orizzonte.
Questo fenomeno è chiamato Termocarsismo: il ghiaccio, che in periodi normali “sosteneva” il terreno, perde la sua funzione portante, e con il suo ritirarsi si porta dietro il suolo, che così sprofonda. È quindi questa la reale causa del collasso della cisterna di diesel nella fredda Siberia con conseguente rottura e fuoriuscita del liquido nel paesaggio incontaminato dell’area.
Per quanto questo fatto possa risultare preoccupante, le conseguenze dello scioglimento del Permafrost sono infinitamente più critiche. Vediamo perché.
All’interno di questo terreno ghiacciato sono immagazzinate 1600 miliardi di tonnellate di carbonio (circa il doppio di quanto ne contiene l’atmosfera) derivato dall’accumulo per migliaia di anni di piante e animali morti che non si sono decomposti proprio perché nel passato il suolo è rimasto sempre ghiacciato. Quando questo terreno congelato va incontro allo scioglimento, i microrganismi presenti cominciano la loro attività di decomposizione, rilasciando così in atmosfera grandi quantità di anidride carbonica, metano ed altri gas climalteranti. Si stima che nei prossimi decenni e secoli potranno essere rilasciati oltre 200 miliardi di tonnellate di carbonio. Ora capite perché nel titolo ho parlato di una vera e propria bomba climatica pronta ad esplodere.
Gli attuali modelli matematici usati per predire il più accuratamente possibile l’evolversi del cambiamento climatico, non tengono conto di questo enorme surplus di emissioni. Almeno per ora. Sono molti infatti gli studiosi che stanno cercando di inglobare nei prossimi modelli queste “entrate” fino ad ora quasi ignorate. Sfortunatamente però i modelli attualmente disponibili sono stati alla base delle linee guida dell’Accordo di Parigi del 2015, che si auspica di mantenere il surriscaldamento globale al disotto dei 2°C. È chiaro quindi che quelle linee guida e i conseguenti sforzi dei singoli paesi potrebbero non essere sufficienti per tale obiettivo.
Capiamo così che il cambiamento climatico non ci permette mai di abbassare la guardia, ponendoci continuamente nuove sfide e nuovi fenomeni da studiare e monitorare. Una sfida vitale per la società del nostro tempo e per quella del futuro. Saremo all’altezza?
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