I cambiamenti climatici, insieme a tutto ciò che comportano, sono ormai realtà. L’aumento della temperatura terrestre sta portando degli squilibri a cui non possiamo più restare indifferenti.
Il mondo scientifico ha posto degli obiettivi: dimezzare le emissioni globali di CO2 entro il 2030 e azzerarle completamente entro il 2050: riusciremo a rispettare questo impegno?
Ognunǝ di noi è un tassello importantissimo nella lotta per la Terra, ma non dimentichiamo che possiamo imparare come fare meglio proprio dalle persone che hanno dovuto adattarsi per prime ai cambiamenti climatici: le popolazioni indigene.
L’IFAD (International Fund of Agricultural Development) lavora attivamente a progetti di sviluppo e sostegno dei popoli indigeni, che sono raccolti nel report “The Traditional Knowledge Advantage”.
Ci sono circa 370 milioni di persone indigene nel mondo, che occupano e utilizzano il 22% del suolo globale, in un’area che ospita l’80% della biodiversità dell’intero pianeta.
Poiché sono le più esposte e vulnerabili al cambiamento climatico, rappresentano l’avanguardia che combatte in prima fila contro la crisi ambientale.
È quindi fondamentale mettere in luce la loro straordinaria capacità di affrontare svantaggi economici, culturali, politici, ambientali e sociali, insegnando così anche a noi come adattarci al cambiamento. Con “sapere indigeno” ci si riferisce infatti alle conoscenze e tecniche per vivere e interagire con l’ambiente circostante che questi popoli si tramandano di generazione in generazione.
Cosa distingue il loro modo di agire dal nostro?
Mentre noi pieghiamo gli ecosistemi in cui viviamo al nostro stile di vita, le popolazioni indigene della Terra modificano il loro modo di vivere adattandolo alle condizioni ambientali di dove risiedono.
Noi ci opponiamo al cambiamento, loro attuano soluzioni per adattarvisi. Scopriamo come con alcuni esempi concreti.
Adattarsi ai cambiamenti climatici
Il fatto di trovarsi all’interno di ecosistemi fragili ha portato la maggior parte delle popolazioni indigene a osservare gli effetti del riscaldamento globale molto prima di noi.
Il popolo nativo Uru-Chipaya vive nel municipio autonomo di Chipaya, in Bolivia. È una regione indigena, organizzata in base alle usanze e tradizioni dei popoli che la abitano da millenni.
Il territorio in cui vivono, colpito ciclicamente da esondazioni e caratterizzato da un clima molto rigido, è lo specchio del loro stile di vita. Gli “Uomini dell’acqua” infatti hanno imparato a convertire le esondazioni del fiume in fonte di irrigazione per i campi. Acqua, vento e sole sono i protagonisti della mitologia Chipaya, portando il suo popolo a dialogare costantemente con la Pachamama (Madre Terra) attraverso riti ancestrali.
Il continuo monitoraggio delle condizioni climatiche permette loro di raccogliere dei bio-indicatori, sulla base dei quali decidono cosa è meglio piantare e quando.
Resilienza verso i disastri naturali
L’intensificarsi di eventi climatici estremi ha affinato la capacità di previsione meteorologica di alcune popolazioni, portandole a prepararsi per tempo.
Gli arcipelaghi del Pacifico, costituiti da isole basse e piccole, sono costantemente minacciati dall’innalzamento dei mari, dai cicloni e dagli tsunami.
Nei villaggi Babanakira delle Isole Salomone, i popoli nativi hanno piantato mangrovie lungo tutta la costa, così da proteggerla dall’erosione e dalle inondazioni. Le mangrovie garantiscono inoltre la presenza di animali selvatici, frutta e pesci, permettendo così alla popolazione di sostentarsi anche nei periodi di siccità.
Pastorizia
Il dialogo continuo tra uomo, animali e natura e lo sviluppo di sistemi flessibili di gestione delle risorse trova una risposta sostenibile nell’allevamento.
Circa 150 milioni di persone nel mondo praticano la pastorizia in modo tradizionale, preservando gli ecosistemi naturali attraverso l’allevamento estensivo, la rotazione dei pascoli e la varietà del bestiame.
I Maasai dell’Africa orientale, ad esempio, spostano continuamente le mandrie nel corso dell’anno per rendere omogeneo il consumo delle risorse, massimizzando la produzione di carne e latte.
Selezionano le piante più adatte per far aumentare la produzione di latte o la massa corporea degli animali, così da affrontare i periodi siccitosi senza esaurire le risorse a disposizione.
Se vuoi conoscere nel dettaglio i progetti attivati dall’IFAD, leggi l’intero report sui Vantaggi del Sapere Tradizionale!
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